“Ci sono troppe pause pubblicitarie”. Parliamone.

L’ascolto di un contenuto intervallato da pause pubblicitarie è una questione spinosa che ci è stata sottolineata in diverse occasioni.

Ma partiamo dall’inizio:

  • l’host – la piattaforma che ospita il podcast – consente la monetizzazione e, a mio modo di vedere, è doveroso riflettere sull’opportunità di rendere “sostenibile” il progetto.

Ci tengo a sottolineare che potremmo usare molte più virgolette dato che, in un mese di ascolti e quando va bene, si racimolano circa 25 dollari. Dollari, non euro: e il tasso di cambio ci rosicchia una bella percentuale.

Negli anni è capitato che ci venissero segnalate troppe pubblicità e la tematica è tornata alla ribalta nelle ultime settimane. Stiamo pubblicando contenuti piuttosto lunghi e, laddove la linea del tempo si dilata, l’host inserisce automaticamente gli annunci. Complice una segnalazione mail da un nostro fedele ascoltatore (che ringrazio di cuore), ho cercato di capirne qualcosa in più. In effetti, l’inserimento automatico è limitabile per poi gestire in autonomia la pubblicità per ogni singolo episodio; cosa che ho fatto e di cui, però, non sono convinto.

Le spese per mandare avanti il podcast non sono indifferenti:

  • 7 euro al mese per l’host
  • 18 euro al mese per musiche e suoni in linea con i diritti d’autore
  • 3 euro al mese per il sito
  • I microfoni, per me e per chiunque si unisca al progetto, li acquisto personalmente
  • Qui non considererò le ore di scrittura, montaggio e gestione del progetto lato social. Ma se dovessi valorizzarle a 10 euro lordi l’ora – tanto per raggiungere la doppia cifra rispetto a un “salario minimo da podcaster” – la voce di costo sarebbe esosa.

Pertanto, senza alcun tipo di polemica, mi domando se abbia senso limitare gli annunci per favorire un ascolto “lineare” quando, da sempre e in ogni media, si è costantemente interrotti dalle pubblicità. E laddove non si voglia averne a che fare bisogna pagare: si veda YouTube Premium e Spotify Premium (ma solo nei brani musicali, non nei podcast) tanto per rimanere nel mondo digitale.

C’è anche da considerare che le interviste – a meno di impossibilità logistiche – sono sempre state effettuate in loco per conoscere l’ospite garantendo qualità – e immersione – nel contenuto. A volte mi sono spostato in gravel e a piedi per raggiungere malghe e rifugi; per il resto sempre e solo macchina. L’ho fatto – e continuerò a farlo – volentieri. Ma, a maggior ragione, non è possibile limitare (oggi) le entrate – esigue – correlate al progetto. In alternativa, dovremmo rendere a pagamento il podcast ma l’opzione, per il momento, non è contemplata.

Ringraziando chiunque ci abbia stimolato nella riflessione e spinto ad approfondire l’argomento, manterremo “sostenibili” le pubblicità sia per noi che per il pubblico. E’ l’unica soluzione.

P.s. – Questa è stata l’ultima trasferta

Trasferta per l’intervista a Liliana De Nato

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